Parte 3 – Arriva Pablo
Abbiamo detto che gli impressionisti al loro debutto non se li filava nessuno, troppo radicali per una società borghese non ancora pronta ad apprezzare pennellate energiche e soggetti inusuali.
Ma quel gruppetto di rivoluzionari non si diede per vinto e con tenacia riuscì pian piano a fare breccia nel cuore della Parigi aristocratica tanto da scardinare i dogmi dell’arte da li all’eternità.
La loro filosofia servì da miccia per innescare la più grande rivoluzione dell’arte dai tempi del paleolitico, furono gli apripista inconsapevoli di un nuovo modo di fare e vedere l’arte.
A quell’epoca, parliamo della fine dell’ottocento non c’erano skype, zoom e HouseParty ed era molto difficile creare connessioni tra artisti per scambiarsi feedback e fruire di opere d’arte almeno che non si visitassero mostre, musei e gallerie, ogni artista lavorava abitualmente in una città insieme ad un altro gruppetto di artisti come fossero dei circoletti Arci, ma la fama degli impressionisti riuscì molto più che altre correnti artistiche precedenti a superare le barriere spazio temporali dell’epoca fino ad arrivare ad un certo Pablo…
Quel Pablo (no, non quello di Netflix) che era di stanza un po’ in Spagna e un po’ in Francia fù influenzato e folgorato da un nuovo modo di dipingere così libero che lo portò a sperimentare e creare quello che sancì il definitivo cambio di rotta nel mondo dell’arte: il cubismo….dimenticavo, quel Pablo di cognome faceva Picasso. Ora, noi nel 2020 siamo abituati e preparati a tutto quando entriamo in un museo o in una galleria, ma immaginatevi agli inizi del novecento quando tutti erano abituati a quadri molto descrittivi e definiti e tutto d’un tratto si ritrovarono davanti a quadri con forme geometriche scomposte oltre il surreale, fu uno shock immenso!
Quasi peggio di quando pensi di avere ancora la nutella nella credenza e scopri che invece l’hai finita.